Benvenuti a Salaparuta. Quì troverete tutto ciò che serve per assicurarvi un soggiorno all'insegna della massima tranquillità, respirando l'aria profumata e pulita dei campi, godendo del silenzio discreto delle sere. Personalente spesso lascio casa aperta quando esco per le faccende quotidiane. Il camper non lo chiudo mai, nemmeno di sera e facilmente dimentico le chiavi appese al cruscotto. Quì nessuno approfitta di ciò che non gli appartiene, nemmeno i ragazzi per gioco. Sembra incredibile, ma è così. Vivere a Salaparuta, significa vivere nel rispetto del prossimo, significa assaporare il piacere del contatto con un territorio incontaminato e naturale.
A Salaparuta non si trovano contenitori di spazzatura per le strade, la raccolta differenziata è una realtà infatti, viene assicurata quasi al 100%, la più alta d'Italia! Le strade larghe e alberate fanno da cornici alle case a corpo unico, composte da piano terra e primo piano, addobbate nelle villette antiastanti, con arredi floreali diversi.
L'approvviggionamento idrico è giornaliero e garantito da un servizio efficiente.
Una guardia medica sempre aperta dalle 20 in poi e le ambulanze del 118, presidiano eventuali emergenze sanitarie. Sempre disponibile la farmacia. Nei giorni di sabato e domenica, alterna l'apertura con la vicinissima Poggioreale.
Vivere o visitare Salaparuta, vuol dire vivere in armonia con l'ambiente da cui è circondata.
Una popolazione di 1800 abitanti che vive prevalentenente di agricoltura, rende unico il rapporto con la terra a cui si è strettamente legati da generazione. Il novanta per cento degli abitanti ne possiede appezzamenti, tutti coltivati. I ritmi dell'anno sono regolati dalle produzioni di vino e olio. Una grande fatica fatta con amore e passione.
Posta a 300 metri di quota circa, Salaparuta rappresenta l'incrocio perfetto delle province di Palermo Agrigento e Trapani , raggiungibili con pochi minuti di auto.
Paese agricolo nel pieno senso della parola, le coltivazioni rappresentano l'orgoglio della comunità. Vigneti e uliveti forniscono vini e olii apprezzati in tutto il mondo. Basti pensare al Vino Corvo
o ai tanti altri vini di qualità superiore prodotti dalle cantine del luogo.
Il terremoto del 1968
E' quasi una festa quando nevica in Sicilia, nel senso che durante l'anno possono verificarsi alcune spruzzate di bianco. Quel Gennaio
del 1968, ne cadde tanta da imbiancare le strade e i tetti delle case, rendendo il paesaggio anomalo e bello nel contempo. Invece tutto cambiò in pochi secondi. Le abitudini, i ritmi, la vita stessa improvvisamente cambiò drammaticamente.
Prima di entrare al paese, c'è una strada dalla quale un bivio porta a Santa Margherita Belice. In piena rotatoria, c'è una statua di una madonna contrita e pregante, col capo chino sul petto. Attorno ad essa delle lapidi con tantissimi nomi: quelli persone che morirono sotto le macerie provocate da un devastante terremoto.
Quasi ogni famiglia di Salaparuta ha perso qualcuno. Negli occhi e nella memoria dei più anziani sono rimasti i ricordi e le immagini di quella notte.
Non esisteva ancora la protezione civile e i soccorsi arrivarono lentamente e spesso in maniera disorganizzata. I sopravvissuti scavavano con le mani per tirar fuori quanta più gente possibile e si narra di geste eroiche, come quelle di un maresciallo dei carabinieri. IL MARESCIALLO GENOVESE.
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.)
Il 15 gennaio non si ebbe l'immediata sensazione della gravità del fatto dato che a quel tempo la zona interessata non era considerata critica dal punto di vista sismico. Il terremoto venne sottovalutato nella sua entità al punto che molti quotidiani riportarono la notizia di pochi feriti e qualche casa lesionata.
La realtà si manifestò in tutta la sua terribile evidenza solo quando giunsero i primi soccorsi in prossimità dell'epicentro approssimativamente posto tra Gibellina, Salaparuta e Poggioreale: le strade erano state quasi risucchiate dalla terra. In conseguenza di ciò molti collegamenti con i paesi colpiti erano ancora impossibili ventiquattro ore dopo il violento sisma. Ciò rese ancora più confusa l'opera dei soccorritori già poco coordinati e gli interventi furono del tutto frammentati.
Nei giorni seguenti visitarono la zona il presidente della repubblica Giuseppe Saragat e il ministro dell'interno Paolo Emilio Taviani. Furono impegnati nei soccorsi più di mille vigili del fuoco, la Croce Rossa, l'esercito. Il pilota di uno degli aerei impegnati nella ricognizione della zona dichiarò di avere visto "uno spettacolo da bomba atomica Ho volato su un inferno"
Il resoconto fornito dagli inviati dei grandi giornali del tempo permette una ricostruzione dei fatti e della storia del periodo. Il giornalista Govanni Russo, inviato del Corriere della sera, nel suo viaggio attraverso tutti i centri colpiti, intervistò molti dei superstiti descrivendo senza enfasi il disastro che si era compiuto. Egli constatò di persona che Gibellina, Montevago e Salaparuta erano stati rasi al suolo e che i superstiti, avendo perso le cose che avevano, vivevano in uno stato di totale indigenza. Tra le macerie delle case crollate scavando faticosamente furono trovati centinaia di morti. I feriti furono migliaia e, con enorme difficoltà, furono trasportati negli ospedali di Palermo, Agrigento e Sciacca.
Il Corriere della Sera del 20 Gennaio 1968 evidenzia lo stato in cui si trovarono a lavorare i medici impegnati nel soccorso ai feriti: l'inviato speciale Mario Bernardini a Sciacca, intervistando il prof. Giuseppe Ferrara, giovane primario chirurgo dell'ospedale evidenziava come i chirurghi di tutti gli ospedali in cui erano stati smistati i feriti si trovavano a fronteggiare una situazione d'emergenza; sovente in sala operatoria senza soluzione di continuità per più giorni mentre continuavano le scosse di terremoto. Ferrara raccontava: «Stavamo operando, il pavimento ci ballava sotto i piedi. Sentivo accanto a me la suora assistente che recitava le sue preghiere mentre mi porgeva i ferri, attenta e precisa come sempre Eravamo in sala chirurgica dalle 8 del mattino. Non c'era un momento di sosta fra un intervento e l'altro Uno solo di tutti quelli che abbiamo operato è morto. Aveva perso le gambe ed ambedue le arterie erano recise Gli altri, senza una gamba, senza un braccio, li abbiamo tutti salvati. L'intervento più difficile fu una trapanazione del cranio: era una bambina di quattro anni che i vigili avevano trovato a Gibellina, fra le braccia della madre morta».
Egisto Corradi, altro inviato del Corriere della Sera, parlando della zona di Santa Ninfa, descrisse minuziosamente lo stato di assoluta precarietà in cui si svolsero i soccorsi nei primi giorni successivi al sisma: «La pioggia ha ridotto la piana ad un acquitrino nel quale si affonda fino alle caviglie...Macchine ed autocarri si sono impantanati sia tra le tende che lungo la strada, continuamente bloccata da ingorghi». Nell'articolo veniva messa in evidenza anche la mancanza di coordinamento in merito alla distribuzione degli aiuti alimentari che arrivavano da tutta Italia.
.....Oggi, la Valle del Belice si è risollevata grazie all'operosità dei suoi abitanti; dopo decenni di interminabili lavori, gli antichi paesi della valle sono stati in gran parte ricostruiti in luoghi distanti da quelli originari interessati : abitazioni, infrastrutture urbanistiche e stradali hanno si riportato condizioni di vivibilità, ma hanno anche profondamente modificato il volto di questa parte della Sicilia.
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